Disbiosi intestinale

Disbiosi intestinale è un termine ampio che può indicare “uno squilibrio del microbiota intestinale associato a un risvolto malsano in termini di salute dell’organismo.” La disbiosi comporta la perdita di componenti microbiche benefiche ed espansione di microbi patogeni.

La diversità e la stabilità microbica sono spesso utilizzate come indicatori chiave della salute intestinale a causa della loro associazione inversa con malattie croniche e disfunzioni metaboliche. È stato infatti dimostrato che una ridotta diversità microbica si associa a vari stati patologici.

Spesso i termini “microbioma” e “microbiota” sono usati in modo intercambiabile. Nel tentativo di definire i termini in modo più preciso, per “microbiota” si intende l’insieme di microrganismi presenti in un ambiente definito, come ad esempio il colon e il tratto gastrointestinale superiore, ma anche la saliva o la gola. Per “microbioma” si intende invece l’intero habitat di una regione ospite, incluse le condizioni ambientali circostanti e tutti i microrganismi, i batteri, gli archei, gli eucarioti inferiori e superiori, i virus e i loro genomi presenti in quell’habitat.

Cause

L’instabilità del microbioma intestinale può essere causata da molti fattori, tra cui la presenza di infezioni, la dieta, l’esercizio fisico, il ritmo del sonno, l’esposizione ad antibiotici e la presenza di comorbilità. Si ritiene che la disbiosi inneschi effetti pro-infiammatori e disregolazione immunitaria associati a vari stati patologici.

Nel complesso, un microbioma intestinale sano dipende da un delicato equilibrio fra vari microrganismi, che è suscettibile a fattori esterni interconnessi allo stile di vita, tra cui una dieta malsana, una mancanza di esercizio fisico, lo stato di fumatore e l’esposizione alla nicotina.

Alimentazione

I fattori dietetici sono spesso potenti modulatori della composizione e della funzione del microbiota. Le alterazioni transitorie indotte dalla dieta si verificano indipendentemente dal peso corporeo e dallo stato di adiposità e sono rilevabili, negli esseri umani, entro 24-48 ore dal pasto. Una dieta ricca di micronutrienti e ricca di fibre con sufficiente apporto di acqua e proteine di alta qualità, e in assenza di componenti come i grassi saturi e trans, lo zucchero semplice, la farina raffinata, lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio e altri alimenti trasformati, si ritiene che abbia un effetto protettivo nei confronti della disbiosi intestinale.

Esercizio fisico

L’esercizio fisico ha ricevuto molti elogi per la sua capacità di regolare il peso, la sensibilità all’insulina, l’attività metabolica e contribuire al miglioramento generale della salute dell’organismo. Esistono evidenze scientifiche crescenti a sostegno del ruolo dell’esercizio fisico nella regolazione del microbiota intestinale umano. Studi recenti mostrano che l’esercizio fisico modifica in modo indipendente la composizione e la funzione del microbiota intestinale.

Un gruppo di ricercatori ha mostrato che 5 settimane di esercizio fisico negli animali provocano un aumento della produzione di butirrato, un acido grasso a catena corta, che è un prodotto della fermentazione batterica delle fibre alimentari da parte di ceppi batterici come i bifidobatteri. Il butirrato è il carburante principale per i colonociti e ha dimostrato di aumentare la proliferazione delle cellule epiteliali del colon, regolare il sistema immunitario dell’ospite e di promuovere l’integrità della barriera intestinale. Lo stesso gruppo di ricerca ha anche scoperto che l’esercizio fisico nei topi da laboratorio aumenta l’abbondanza relativa di ceppi batterici che producono butirrato.

Fumo e nicotina

Dati di diversi studi associano il fumo e la sua intensità a un cambiamento nella composizione microbica intestinale, suggerendo che il fumo di sigaretta giochi un ruolo significativo nella disbiosi intestinale, soprattutto quando aumenta il livello di esposizione al tabacco. Negli studi sul microbioma umano, la cessazione del fumo ha indotto un aumento della diversità microbica.

Bibliografia
Martinez JE et al. Front Endocrinol (Lausanne). 2021; 12: 667066.

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